Pseudostabile
Ho percepito la fine della mia vita privilegiata nell’istante fluorescente in cui il rettore Preemo ha smesso di cercarmi dal momento che mi aveva trovato nella stanza dell’ArchivIT. La sua faccia era la faccia di qualcuno che stava per pronunciare le parole che avrebbe poi detto. Occhi equidistanti dal setto, narici spianate, bocca orizzontale e serrata in attesa di aprirsi.
“Devi andare tu, adesso”.
L’inflessione pacata ma inevitabile di quell’ ‘adesso’ non implicava che dovessi alzarmi dalla sedia in legname entro pochi secondi dalla chiusura successiva della sua bocca. Ma che non era rimasto essere umano maschio in buona salute addestrato al temperaggio mentalmente pseudostabile al di fuori di me da far subentrare alle manutenzioni esterne. Alkasta non si trovava da giorni, ma nessuno lo aveva cercato. Nessuno pseudostabile avrebbe mai permesso ad Alkasta di uscire là fuori, comunque. Le pupille del rettore Preemo si muovevano coordinate e tradirono con breve anticipo la direzione presa poi dal corpo, che partendo da un primo passo riattraversò la porta coi successivi due e lo condusse ovunque la mente desiderasse condurlo. Sono rimasto incerto, e in quanto incerto, piantato sulla sedia. Ammetto che nulla mi sorprese, l’esito era prevedibile. Ma anche quando le conseguenze ovvie si sviluppano nello stesso modo in cui le avevi immaginate è sorprendente vederle prendere vita al di fuori dello spaziotempo controllato della speculazione. Avrei perso del tutto il mio ruolo di esploratore dell’ArchivIT? Avrei potuto saltuariamente accedervi per proseguire le ricerche già in corso? Per esempio l’analisi dei file musicali dei predecessori erano confluite in un interessante sottogenere ritmato e parlato fitto da antichi umani che evidentemente avevano molta urgenza di far sapere numerosi concetti. E nella foga e nella fotta evidenziavano radiose lacune di chiarezza espositiva. Molte di queste espressioni mi erano incomprensibili, ma col tempo avrei di certo individuato una logica di decodifica per roba del tipo se i fiacchi emcici non ti fanno più zero pare senti il sintomo si può svoltare in fretta tu già sai qui chi v’è è Chico Snefs granfinesse fa star beb-ben, le linee di testo in rima erano ideali per essere ricordate e ripetute e spesso non mi abbandonavano per giorni. Se ripeti non dimentichi e se non dimentichi non sbagli.
E allora poco dopo sono fuori con Chicopì, i nostri sigilloni fumanti sembrano la fonte della nebbia multilaterale. Chicopì bascula e mi guarda ininterrottamente, come ci hanno insegnato, come fossi la persona la cui vita vale quanto la sua. Respiro affannato e sincrono alle oscillazioni concentriche dello smeriglione e mi sovviene vengo da una zona dove l’aria non è buona, e cerco di ricordarmi il resto, cerco di seguire il flow adeguandolo al ricorrere di flettere e oscillare finché il vetro dell’oblò sei è temperato ed uniforme come un occhio cieco che ignora l’insensatezza dei destini. Posiamo concordi il temperino, che al termine dell’operazione pesa sempre di più pur non modificando mai la sua natura molecolare. Il cuore è il kit di batteria che pompa sangue e d’improvviso avverto la sensazione di persone sciolte. Ma Chicopì è integro e sfinito a un metro da me e continua a guardarmi con un’insistenza che turberebbe in altri contesti. E' come un presentimento vagamente diverso mixato nel balordone della pulsazione. A una decina di passi da noi vedo qualcosa a terra.
“No, non ti ci mettere anche tu, eh! Dove cazzo credi di andare?!”, mi urla Chicopì nell’interaudio distorto al primo passo di allontanamento.
Estendo una mano aperta verso di lui, un gesto che dovrebbe tranquillizzarlo per qualche ragione, tanto che continua a seguirmi solo con lo sguardo. In una pozza di materiale oscuro che ribolle, le sagome di due cani sciolti. Cani sciolti nelle città alzano il volume con il bum-bum-cha.
“Sono cani. Cioè, erano cani, credo”.
“Cani… non se ne vedevano da parecchio”, mi risponde Chicopì che infine mi regala i primi secondi di libertà dal laccio del suoi occhi.
“Anticipano qualcuno, qualcuno non ancora sciolto”, continua mentre siamo di ritorno, estremità mobili del temperino che ha raggiunto il peso dell’osmio obeso.
E intanto il numero dei cani sciolti sta salendo, se ancora non li vedi è una questione di tempo.
2020-05-24